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Artigiani, in tanti aprono bottega, ma pochi resistono

Artigianato e pmi. Sangalli, nel 2003 in crescita con il freno tirato.

03-03-2004

Nel 2003 l’artigianato È cresciuto, ma col freno tirato. l’aspetto preoccupa non poco il segretario generale della CNA, Gian Carlo Sangalli, che rimarca come la pesante crisi abbia ormai coinvolto il settore, strategico per la nostra economia anche come ammortizzatore deli lunghi periodi di difficoltà delle aziende maggiori.

Le regioni leader?
Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio che da sole determinano il 44,6% del saldo complessivo. E in termini relativi la nostra regione ha segnato un tasso di crescita pari al +1,73%.

Per l’artigianato e le pmi non è certo un bel momento – spiega Sangalli – e questo preoccupa perché il settore, per numero di imprese, è quello con il maggior tasso di natalità, ma anche di mortalità. Parliamo del settore della microimpresa che ha una eccessiva variabilità: un elemento di debolezza perché una elevata percentuale di quelle che ho citato con il maggior tasso di natalità e mortalità hanno una vita compresa tra uno e tre anni.

E in Emilia-Romagna?

La difficoltà di questa fase storica è dimostrata dal calo del fatturato, sceso nel 2003 del 5-6%. E anche le aziende che mantengono gli stessi livelli del giro d’affari rispetto al 2002 denunciano una diminuzione del margine di contribuzione.

E’ un fatto strutturale?

Sì. Cala la capacità di creare valore aggiunto, manca il collegamento con la ricerca che riguarda tutti, ma è un fenomeno molto più evidente e pesante per l’artigianato.
Non dimentichiamo che il comparto per ben più di due anni ha fatto da ammortizzatore alle altre imprese, ma adesso il fiato è decisamente corto. La situazione è preoccupante specie nel Nord-Est: una zona cresciuta sulle quantità e che ora deve fare i conti con l’effetto globalizzazione e con la delocalizzazione di molti impianti produttivi
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Quali sono i settori più colpiti?

Il tessile, l’abbigliamento e il calzaturiero che subiscono la fortissima concorrenza della Cina.

Quanto pesa la CNA a livello nazionale?

Sono iscritte 370mila imprese: 300mila artigiane e il resto sono pmi. In Emilia Romagna sono circa 70mila, di cui 55mila artigiane.

Ha una ricetta per uscire da questa crisi?

Intanto il vero problema è una maggiore strutturalità nelle imprese, devono nascere più solide: solo il 25% vedono la luce come società di capitali. Ma è fondamentale fare partnership e reti fra imprese: di fronte all’innovazione è la soluzione forte. Oggi anche per le dimensioni la spinta verso l’innovazione con è adeguata, per questo servono reti e sistemi integrati. Inoltre c’è il capitolo del credito: occorrono condizioni per facilitarne l’accesso. E’ un fattore problematico sia in vista dell’applicazione degli accordi di Basilea, si di fronte a casi come Parmalat. Non dimentichiamo che ogni anno gli artigiani “comprano” dalle banche 120mila miliardi di vecchie lire: il 90% a breve e alle peggiori condizioni. Devono avere più credito a medio-lungo, negoziabile anche attraverso il supporto dei consorzi fidi. E’ importante anche la qualità delle risorse umane e l’internazionalizzazione delle imprese per attrarre investimenti.

Perché uno straniero dovrebbe scegliere l’Emilia Romagna?

Perché esistono reti di subfornitura di alto livello (specie meccanica), perché c’è un contesto sociale favorevole e la regione è un’area attrattiva per la collocazione geografica con molte infrastrutture di collegamento senza dimenticare il sistema universitario di eccellenza.